I comportamenti acquisiti durante l’infanzia ci accompagnano per sempre, e anche se a forza di volontà li teniamo a bada, acquattati in un luogo tenebroso della memoria, quando meno ce lo aspettiamo ci saltano in faccia come gatti inferociti”.

L’infanzia di cui si parla è quella dell’autrice, Guadalupe Nettel, che in questo suo libro, “Il corpo in cui sono nata”, edito in Italia da La Nuova Frontiera Edizioni, ci racconta i primi anni della sua esistenza, bambina prima e adolescente poi, alle prese con dinamiche familiari e sociali dal gusto dolceamaro.

Il libro è strutturato come una lunga conversazione che la donna ha con la dottoressa Sazlavski, verosimilmente una psicoterapeuta. Il flusso di coscienza di cui la Nettel, apprezzata autrice messicana, ci porta a conoscenza ha inizio con i ricordi di lei bambina. Fin da subito prende forma il rapporto problematico e poco empatico con la madre che le affibbia il nomignolo di “scarafaggio”. Questo singolare approccio materno porta la piccola a identificarsi con Gregor Samsa, il protagonista de “La metamorfosi” di Kafka.

Fin dall’inizio scopriamo che Guadalupe ha fin dalla nascita un difetto all’occhio sinistro e viene condotta dai genitori da diversi specialisti per trovare una cura. Il problema della vista è la metafora di come la bambina inquadrerà il mondo in cui vive e soprattutto se stessa. Rilevante è infatti il tema del rapporto con il proprio corpo, legato anche a una educazione molto aperta e progressista dei genitori che, imbevuti delle dottrine liberal degli anni Settanta, non si accorgevano che forse quella non era la strada migliore per crescere figli liberi da schemi e condizionamenti.

In realtà i genitori di Guadalupe non hanno ancora capito quale sia la direzione della loro vita, nonostante abbiano già una famiglia sulle spalle. Vagano alla ricerca di un senso fra ideologie rivoluzionarie e filosofie orientali, amore libero e uso di sostanze psicogene. Tutto con evidenti ripercussioni sui due figli, in particolare sulla bambina, di qualche anno più grande del fratellino.

La loro vita tuttavia subisce una svolta quando i genitori si separano e i bambini vengono affidati alle cure della nonna materna, mentre la madre si trasferisce in Francia per i suoi studi, e il padre, preso da misteriosi affari, finirà nelle patrie galere con l’accusa di peculato.

La convivenza con la nonna fa sviluppare in Guadalupe il senso della ribellione, ed eccola quindi scappare di casa per vivere le emozioni comuni a tutti i suoi coetanei, oppure imporre alla recalcitrante nonna la sua passione per il calcio, sport che pratica da piccolissima.

Ma per Guadalupe e suo fratello le giravolte della vita non sono finite: infatti la madre li porta con sè in Francia, nella città di Aix-en Provence dove dovranno rimettere in discussione le loro esistenze. Nuova casa, nuova scuola, nuove amicizie, nuova lingua e nuove abitudini. I bambini costretti a subire gli egoismi dei genitori, della madre in questo caso. Eppure, anche l’esperienza francese sarà importante per Guadalupe: ritrovarsi ai margini di una nuova società la porterà a sviluppare l’immaginazione che sarà poi il motore della sua attività di scrittrice.

Un libro che si legge con scorrevolezza, ma che ci catapulta all’interno di dinamiche familiari e sociali a tratti dirompenti e che fa emergere la forza di questa ragazzina che pur di fronte a situazioni serie e preoccupanti, riesce a mantenere la calma e a risultare più matura degli adulti che la circondano. Una serie di eventi e dinamiche cha hanno di fatto condotto Guadalupe a prendere coscienza di sé, del proprio corpo, quello “scarafaggio” agli occhi di sua madre, ma in fondo farfalla per lei, nonostante tutto.

 

Articolo di Beatrice Tauro

 

Titolo: Il corpo in cui sono nata

Autrice: Guadalupe Nettel

Edizioni: La Nuova Frontiera, 2022

Pagine: 185

Prezzo: € 16,90

 

 

Di admin

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *