L’Alta Corte di Londra ha deciso oggi il via libera all’istanza della difesa del giornalista australiano e cofondatore di WikiLeaks Julian Assange – respinta in primo grado – per un ulteriore, estremo appello di fronte alla giustizia britannica contro la consegna agli Stati Uniti.
I giudici di secondo grado, Victoria Sharp e Adam Johnson, hanno fissato il nuovo appello per maggio giudicando non infondate le argomentazioni della difesa sui timori per la vita del giornalista australiano, a meno che nelle prossime tre settimane le autorità americane e britanniche non siano in grado di produrre “rassicurazioni” ulteriori e più affidabili in materia, come si legge nel dispositivo. Rassicurazioni riguardanti il trattamento da parte della giustizia Usa, e quindi la possibilità da parte del cofondatore di Wikileaks di potersi appellare al Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti sulla tutela della libertà di espressione oltre alla garanzia di non venire condannato a morte.
I giudici dell’Alta Corte si sono presi più di un mese, dopo i due giorni di udienza in febbraio, per considerare le argomentazioni dei legali dell’attivista australiano, incentrate sull’idea di “una persecuzione contro la legittima attività giornalistica” e il rischio di una serie di diritti negati davanti alla giustizia americana con l’incubo di una condanna di 175 anni di carcere, e quelle delle autorità statunitensi, decise a perseguire chi a loro avviso è andato “oltre i limiti del giornalismo”. Servirà però ancora tempo per conoscere la sorte del cofondatore di WikiLeaks e modello antagonista di giornalismo online: divenuto una sorta di nemico pubblico numero uno a Washington per essersi permesso di divulgare, a partire dal 2010, circa 700.000 documenti riservati – autentici e non privi di rivelazioni imbarazzanti, anche su crimini di guerra commessi fra Iraq e Afghanistan – sottratti al Pentagono o al Dipartimento di Stato.
Ricordiamo che Julian Assange è attualmente detenuto nel Regno Unito, in attesa dell’estradizione in Usa, dove rischia maltrattamenti e torture solo per aver denunciato crimini di guerra e già ora appare duramente provato: il mese scorso non solo non era riuscito a presenziare di persona alle udienze all’Alta Corte, ma anche ad assistervi in videocollegamento a causa dell’aggravamento di condizioni di salute sempre più precarie dopo quasi 5 anni di reclusione preventiva nel carcere di massima sicurezza londinese di Belmarsh, seguiti ai sette da rifugiato nella clausura murata di una stanza dell’ambasciata dell’Ecuador nella capitale britannica. E stando alle dichiarazioni recenti della moglie Stella, l’attivista non riuscirebbe a sopravvivere alle condizioni di detenzione in una cella americana.
La decisione dell’Alta corte di Giustizia, secondo la giornalista Stefania Maurizi, ha in sé molte ombre, infatti sul suo account X (ex Twitter) ha dichiarato:
uno dei passaggi più sconcertanti della sentenza della #HighCourt: sì, la difesa dice che la #CIA ha provato a ammazzarlo o rapirlo, ma questo è successo nell’ambasciata, questi problemi non si pongono con estradizione di #JA https://judiciary.uk/wp-content/uploads/2024/03/Assange-v-USA-Judgment.pdf
ed inoltre:
“Mr Assange non verrà estradato immediatamente”, appello potrebbe essere consentito solo su alcuni punti, ma la corte si riserva di deciderlo solo dopo il 20 maggio Ecco la sentenza: chiara come l’acqua torbida https://judiciary.uk/wp-content/uploads/2024/03/Assange-Order-6.pdf…