“In italiano «negra» aveva un suono ancor più aggressivo. In Nigeria conoscevi la storia delle parole e quella del tuo popolo. E certo, bisogna dire che le parole in Italia non ti hanno mai piegata come aveva fatto la fame a Lagos, ma ti hanno colpita dove non potevi difenderti: in certi luoghi profondissimi dell’anima. E lui era lì, nella sua auto borghese, stretto dalla cintura di sicurezza, l’aspetto distinto, la barba tagliata alla perfezione. Era tutto ciò che avevi sempre odiato: la prepotenza consapevole del proprio vantaggio. E ti aveva chiamata negra. Per lui eri un oggetto, una curiosità, un feticcio senza valore, o per lo meno non valevi i soldi che chiedevi e voleva che tu lo sapessi”.
Le parole come armi, le parole come strumenti di ferimento, le parole per allontanare, le parole per differenziarsi e differenziare. È quello che ci dice fra le righe di questo libro Sabrina Efionayi che in “Addio, a domani” racconta la sua esistenza di giovane donna italiana afrodiscendente e il pesante fardello dell’essere “diversa” che si porta costantemente sulle spalle.
Sabrina è figlia di due madri: Gladys è la sua madre biologica, giovane donna nigeriana vittima di tratta che si ritrova suo malgrado a battere i marciapiedi della periferia napoletana, soggiogata dalla sua connazionale aguzzina madame Joy. E poi c’è Antonietta, altrettanto giovane donna italiana che accoglie la piccola Sabrina quando Gladys gliela consegna per salvarla dal suo destino.
Sabrina crescerà come una bambina italiana, ma con un segno distintivo che purtroppo per molti è ancora una diversità: il colore della sua pelle. Bambina nera in mezzo a soli bambini bianchi, discriminata anche dagli insegnanti, uno dei quali il primo giorno di scuola delle medie le chiede candidamente: “Come vuoi essere chiamata, nera, di colore o negra?”. Con quella pelle nera dovrà farci i conti sempre, perché sarà sempre troppo nera per i bianchi e troppo bianca (italiana) per la comunità nera che frequenta sua madre Gladys. Così come sarà poco nera quando arriverà per la prima volta in Nigeria per conoscere la famiglia di Gladys: i suoi atteggiamenti da europea, la non conoscenza della lingua locale, la faranno sentire un’estranea in mezzo a quella che aveva immaginato essere la sua gente.
Un libro coraggioso, una autobiografia che ci accompagna attraverso tematiche importanti e drammatiche: la tratta delle giovani nigeriane portate a prostituirsi in Europa, il razzismo, ma anche il difficile rapporto madre-figlia che segnerà l’esistenza di Sabrina, divisa a metà fra le sue due famiglie, quella italiana e quella nigeriana.
“Sabrina negli anni ha imparato a distinguere il razzismo in tutte le sue forme, tra quelle nascoste nelle perplessità di chi dice che, nonostante sia nera, parla bene l’italiano, fino a quelle estreme di chi brinda alle morti degli immigrati africani nel Mediterraneo. Il razzismo che la colpisce in quanto donna e nera quando cammina sola per strada e viene subito percepita come una prostituta. Il razzismo che priva del diritto di cittadinanza per nascita i figli degli immigrati”.
Articolo di Beatrice Tauro
Titolo: Addio, a domani. La mia incredibile storia vera
Autrice: Sabrina Efionayi
Edizioni: Einaudi, 2022
Pagine: 180
Prezzo: € 16,00