“La vita è ricca di amorosi incanti,
di splendide visioni luminose –
onde azzurre spumose alle scogliere,
garruli fuochi in lingue scintillanti,
volti di bimbi in estasi sognanti
come coppe imbevute di chimere.”
Sara Teasdale, Gli amorosi incanti
Sara Teasdale (1884-1933), vincitrice del Premio Pulitzer 1918 per la poesia (al tempo denominato Columbia Poetry Prize), nacque a Saint Louis, nel Missouri. Esordì con le liriche Sonnets to Duse and other poems, dedicate a Eleonora Duse, per poi proseguire il suo esercizio stilistico in versi, prevalentemente espresso in quartine e sonetti, avvalendosi di una metrica per lo più convenzionale.
Dobbiamo a Silvio Raffo, che la tradusse per Crocetti Editore, la conoscenza in Italia di questa duttile poetessa statunitense, definita dalla critica come lontana dalle tentazioni avanguardistiche.
Nei componimenti di Sara Teasdale si scorge l’inquietudine perturbante: “Presto il mio corpo sarà forma vana / oltre ogni voce ed ogni vista umana / e per quanto si svegli e soffra ancora / infinito sarà il suo sonno allora. / Ma l’anima mia fragile, ma questa / forma immortale mai non dormirà – / foglia nata da un vento di tempesta, / onda che il mare non ritroverà” e, al contempo, la calma: “La pace in me fluisce, / marea che lo stagno lambisce; / ma mia dovrà restare, / non defluirà come il mare. / Io sono lo stagno celeste / che venera il cielo d’estate: / le mie speranze erano queste; / sublimi, ora in te confinate. / Io sono lo stagno dorato / nel tramonto che brucia e vuol morire – e tu sei il mio sole oscurato: / dammi le stelle tue da custodire”, in un gioco dicotomico di incanti e sfaceli.
Sara Teasdale si tolse la vita all’età di quarantanove anni, dopo un’esistenza trasognata, in bilico tra oscurità e chiarore. Echeggiano i suoi versi (Strange Victory fu pubblicato postumo), nella raffinatezza della moderazione e in tutta la loro pregevole sceltezza.
Articolo di Eleonora Nucciarelli