“Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,
prese costui de la bella persona che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende.
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona”.
Dante Alighieri, La divina commedia
Francesca da Rimini è stata musa ispiratrice, tra i tanti, di Silvio Pellico, di Gabriele D’Annunzio (interpretata nella tragedia omonima da Eleonora Duse), di trasposizioni teatrali e cinematografiche nonché di melodrammi e opere liriche. È a tutt’oggi al centro di dibattiti e interpretazioni letterarie e storiografiche.
Tra le varie argomentazioni, quella di Giosuè Carducci che, con l’intento di liberare l’umanità dall’ignoranza e dalla superstizione offrì, con la sua poetica, un sano ottimismo volto all’accettazione degli aspetti più foschi della vita (non a caso, il poeta è stato definito da Walter Binni figura emblema del contrasto intenso di vitalità e di morte).
Nell’ode saffica La chiesa di Polenta (vv. 13-20), scrive Carducci: “La bellezza mortale è fugace come l’ombra di un fiore, che la poesia ammira e canta, simile ad una bianca farfalla che si aggira intorno ad un fiore; altrettanto la potenza umana è labile come l’eco di un suono di tromba che si spegne nella valle. Soltanto l’idea sopravvive al corso dei tempi ed ai silenzi dovuti all’ignoranza delle buie età barbariche, e si salva dall’avvicendarsi tempestoso degli avvenimenti umani, simile ad un faro di luce per i secoli futuri”.
Il poeta si riferisce alla Francesca da Rimini dantesca e medita sulla caducità della bellezza e della potenza umana riconoscendo alle idee il possesso di qualità eterne.
In un attimo ci troviamo catapultati nel secondo cerchio dell’Inferno dove Dante e Virgilio incappano nel girone dei lussuriosi, i quali si trovano alla mercé di una tempesta che li investe senza scampo. Ed è lì che Dante nota due ombre che, a differenza delle altre, procedono l’una accanto all’altra: sono Francesca da Rimini e suo cognato Paolo Malatesta, protagonisti di un’indomabile e drammatica passione.
Francesca era figlia di Guido da Polenta, signore di Ravenna, ed era stata promessa in sposa a Gianciotto Malatesta, signore di Rimini, per ragioni politiche. Dopo il matrimonio incontrò Paolo, fratello più giovane e attraente del deforme e zoppo Gianciotto e se ne innamorò; tra i due esplose la passione e quando Gianciotto li sorprese li uccise entrambi.
Auguste Rodin li scolpirà tra il 1888 e il 1889, riunendoli per sempre in un amore marmoreo e inamovibile nella scultura Il bacio.
Nel Canto V, tra coloro “ch’amor di nostra vita dipartille violentemente”, Dante Alighieri colloca, rispettivamente: Semiramide, lussuriosa regina degli Assiri, Didone che si uccise quando fu abbandonata da Enea, Cleopatra, controversa regina d’Egitto, Elena “per cui tanto reo tempo si volse”, Achille di Polissena follemente innamorato, Paride rapitore di Elena e Tristano ucciso per mano di suo zio Marco re di Cornovaglia, a causa dell’amore per Isotta.
Le anime dei lussuriosi, travolte in vita dalla furia della passione, sono nell’Inferno trascinate senza posa in una violenta tempesta di vento.
I vizi capitali nella Divina Commedia sono puniti nell’Inferno (cerchi II-V) ed espiati nelle sette cornici del Purgatorio; inoltre, la lussuria, la superbia e l’avarizia sono raffigurati nel canto I dell’Inferno sotto forma di bestie, rispettivamente: lonza (vv. 31-43), leone (vv. 44-48) e lupa (vv. 49-60). Era, probabilmente, la notte dell’8 aprile 1300.
La storia di Francesca da Rimini e del suo amato sembra riportarci ad un Medioevo lontanissimo eppure sono trascorsi appena quarant’anni dall’abrogazione del cosiddetto “Delitto d’onore” sancito dall’Articolo 587 del nostro Codice penale, abrogato con la Legge 442 del 5 agosto 1981, entrata in vigore il 10 agosto dello stesso anno. Fu forse la notte di San Lorenzo con il suo “pianto di stelle” in grado di inondare “quest’atomo opaco del Male” a suggerire l’uscita dalla selva oscura “che la dritta via era smarrita”. Ed è così che il 1300 non sembra poi essere così lontano…
Articolo di Eleonora Nucciarelli