La storia narrata in “Gente alla buona” di Mattia Grigolo per Fandango Libri arriva a chi legge come di un soffio di vento che sorvola un paese della Bassa padana, un paese che diviene stanza dove tutto è raccontato e condiviso (tranne i segreti) con le infinite vicissitudini che possono accomunarlo a tanti altri paesi dove le voci sono come lame, dove si vaga tra i ricordi, dove può succedere di avere poco da mangiare perché i campi fanno i capricci. È la storia di Toni, Sandler e Marione e dei figli Brando, Sara e Larcher che si son fatti fratelli da soli in un turbinìo di storie e fesserie che accadono dove le strade sono una moquette che si muove a rullo, li porta senza che se ne accorgano, con “quelli che vanno alla messa perché ci devono andare che se no pare che qualcuno gli toglie da mangiare dal piattino”, dove il bar è l’unico incrocio, crocevia di destini, sogni e parole, con un odore tremendo di cose che sono in abbandono. Il paese e i suoi codici, la sua forma, l’amalgama di tutti quando tutti sono uno solo, anche chi non c’è, chi non c’entra, chi sta dormendo, chi è lontano, chi è già morto e chi deve ancora nascere.
“Figli di quelle campagne, ereditate dai loro padri e dalla guerra, sudate dal lavoro che non li ha nobilitati ma induriti come biscotti secchi. Sono uomini del paese, padroni e schiavi della terra e della ridicola economia di quel luogo”.
E tutto ciò Grigolo sa raccontarlo con una leggerezza assoluta, mettendo in ciò che scrive una ricerca minuziosa dei termini quasi a sfiorare l’onomatopeicità delle parole utilizzate, talvolta con toni poetici e altre volte sembra arrivare al lettore addirittura l’odore delle strade sterrate (dove si giocava col supertele) che i protagonisti percorrono o dei profumi delle pietanze messe lì a cucinare: magnificando la descrizione storica e malinconica di un passato decisamente presente e che si dimena nei ricordi dipingendo un affresco con poche parole: “Una madre obesa coi seni appoggiati sulla pianura”. Ciò che racconta nel libro diventa piacevole introspezione che arriva e si insinua nei pensieri di chi legge, storie che il più delle volte precipitano nel dimenticatoio anche se non tutti sono d’accordo (“invece io me le voglio ricordare bene”).
Dalle pagine del libro emerge tutta una serie di fotografie color seppia a rinverdire o a rimarcare ciò che è stata la nostra esistenza, descrivendo qualcosa che è già dentro in ognuno di noi, e lui nel racconto la “spiattella” al lettore come se fosse uno di famiglia, e come tale allora può leggere, conoscere, sopportare e giudicare il “fattaccio” che è perno del suo narrare, con il suo stile riesce a raccontare anche di quell’angolo nascosto della casa passando attraverso la latta di pesche sciroppate lasciate sul tavolo in cucina.
Ingredienti di una storia, fotogrammi di un film già quasi pronto da montare un delicato spaccato di vita intenso e coinvolgente: di quando non ci si battezzava ancora con le scarpe da tennis e a Natale si usava regalare quello che avevamo, quello che trovavamo.
Il sindaco, la perpetua, la zitella, la squadra di calcio e quella di pallavolo, il bar, lo spacciatore e il drogato, i vandali, i debosciati, i bulli, le compagnie, le fidanzate, le mogli degli altri, l’oratorio, i parcheggi, le panchine, l’osteria, i rioni, l’alimentari, la farmacista, il barbiere, la messa, il messo, la biblioteca, la camporella, il parroco, il matto, la gente che parla, la gente che non può nascondersi mai, la gente che muore e quella che nasce, la gente che resta, la gente che scappa. La gente alla buona.
Poi succede che una biglia sparata nel buio sibila e scompare verso l’oscurità del cielo schioccando. Non si sente il tonfo ma ne resta il ricordo, il pensiero e una strana scia di sogni che aiutano a salvarsi. Anche l’anima, magari attraverso la finestra stretta e buia del confessionale utile per svuotare sia le verità che le bugie.
Articolo di Lorenzo Soriano
Titolo: Gente alla buona
Autore: Mattia Grigolo
Editore: Fandango Libri
Euro 16,50; formato ebook: euro 9,99
Anno: 2024; pagine: 208