“Cosa state facendo per contrastare il riscaldamento climatico? Avete comprato la vostra sporta riutilizzabile per usare meno sacchetti della spesa? Andate in giro con la vostra borraccia personale per non dover comprare bevande in bottiglie di plastica? Adesso ce l’avete, una vettura elettrica? Diciamolo chiaramente. Tutte queste buone intenzioni non portano a niente. Al contrario, possono addirittura recare danno”.
Dalla prefazione: Gli SDGs, ovvero l’«oppio dei popoli»!
(SDGs: obiettivi per lo sviluppo sostenibile)
È così che inizia il libro “Il capitale nell’antropocene” di Saitō Kōhei (Docente di filosofia dell’Università di Tokyo). Un modo netto per affrontare temi, quali le disuguaglianze economiche e sociali e la crisi climatica, ormai non più rinviabili, perché come scrive l’autore “La crisi climatica non prenderà avvio, con tutta calma, nel 2050. La crisi è già iniziata, infatti, quelli che un tempo venivano chiamati fenomeni metereologici estremi, da «una volta ogni cento anni», ora hanno luogo annualmente in ogni parte del mondo, tanto da venire definiti «la nuova normalità». Non è però che il principio. Il momento in cui cambiamenti improvvisi porteranno a una situazione irreversibile (il punto di non ritorno) è lì, dietro l’angolo”.
Il libro si distingue per la sua capacità di unire teoria politica, ecologia e critica economica, offrendo un contributo prezioso per chiunque voglia comprendere le profonde connessioni tra il sistema capitalistico e la crisi ambientale.
L’approccio di Saitō è rigoroso, ma anche accessibile (oltre 500 mila copie vendute solo in Giappone), rendendo l’opera adatta a lettori interessati a temi contemporanei come la sostenibilità, la giustizia sociale e la necessità di un cambiamento radicale in modo da affrontare efficacemente la crisi climatica che la Terra e l’umanità stanno vivendo.
Il testo esplora le dinamiche di sfruttamento ambientale e le disuguaglianze sociali che caratterizzano l’epoca attuale, definita come quella dell’Antropocene, ovvero il periodo geologico segnato dall’influenza dominante dell’uomo sulla Terra, analizzando in modo critico il legame tra capitalismo e crisi ecologica, ponendo l’accento sull’impatto che l’attività umana sta avendo e soprattutto avrà sul pianeta.
L’autore ritiene che alla base della questione climatica c’è la questione sulla appropriazione delle risorse e del modello di vita dei paesi definiti “più sviluppati”, stile di vita definito dai sociologi tedeschi Ulrich Bran e Markus Wissen come «modello di vita imperiale», basato sulla appropriazione delle risorse e delle energie del Sud globale. In una parola, si tratta di un modello che prevede produzione e consumo di massa da parte delle società del Nord globale. Questo squilibrio non è casuale, perché il capitalismo è costituito da un «centro» e da una «periferia». Acquistando a prezzi stracciati i prodotti della periferia del Sud globale, sfruttando la sua forza lavoro a basso prezzo, il centro accumula un profitto sempre maggiore. Attraverso uno scambio ineguale si determina il sovrasviluppo dei paesi avanzati e il sottosviluppo di quelli periferici.
Attraverso un’analisi lucida e ben documentata, Saitō sfida le narrazioni dominanti che cercano di depoliticizzare la questione ecologica, sottolineando che la trasformazione ecologica non può prescindere da un cambiamento radicale nel sistema economico e sociale. Per questa ragione l’autore propone una lettura politica ed economica della crisi ecologica, dimostrando come il capitalismo, con il suo insaziabile bisogno di crescita e accumulazione, è la principale causa del degrado ambientale. Questo perché il capitalismo, che utilizza l’essere umano come strumento di accumulo di capitale, individua nella natura semplicemente un altro oggetto da depredare.
Anche di fronte a una crisi ambientale, il capitalismo non potrà mai fermarsi con un semplice atto di volontà.
Per questo l’autore sottolinea che la politica è importante e per opporsi al cambiamento climatico deve anche saper sfidare il capitale. Perché ciò avvenga è necessario un forte sostegno da parte dei movimenti sociali. Come afferma il sociologo Manuel Castells: «Senza i movimenti sociali, la società civile non può produrre alcuna sfida capace di scuotere le istituzioni dello Stato».
Non è aspettando, però, che apparirà una politica capace di risolvere la crisi dell’Antropocene. In realtà, non c’è nemmeno bisogno di aspettare. Siamo noi a doverci muovere per primi. Altrimenti sulla storia dell’uomo calerà il sipario.
Recensione di Giovanni Parrella
Titolo: Il capitale nell’antropocene
Autore: Saitō Kōhei
Traduttore: Alessandro Clementi degli Albizzi
Editore: Einaudi; Anno 2024
Pagine: 312; Prezzo: euro 19,00