Esistono dichiarazioni strumentali e dichiarazioni politiche. Chi dice di non essere d’accordo sullo ius scholae o sulla depenalizzazione della coltivazione di cannabis per uso personale esprime un’opinione personale e la traduce in politica, può essere condivisibile o meno ma nessuno può negarla, almeno in un Paese a democrazia avanzata. Quando invece dice che le priorità sono altre e che il Parlamento deve occuparsi di cose più urgenti fa un’affermazione strumentale che può essere smontata (ma nessuno lo fa mai) in poche righe.
Camera e Senato funzionano grazie a un regime che si chiama di autodichia, cioè decidono autonomamente cosa fare e soprattutto come farlo. Ad esempio, il regolamento della Camera prevede che la fiducia e il provvedimento su cui viene posta abbiano votazioni separate, il Senato abbrevia tutto e in unico voto esprime fiducia al governo e giudizio sul provvedimento. È questo, per capirci, il motivo per cui il M5s ha votato la fiducia sul dl Aiuti a Montecitorio ma si è astenuta quando si è votato il provvedimento. Diverso sarà il discorso al Senato perché chi vota la fiducia dice automaticamente anche sì alla norma. Da qui la concreta possibilità che si apra una crisi di governo.
Proprio l’autodichia potrebbe consentire a ognuna delle camere di lavorare su più provvedimenti contemporaneamente. È chiaro che un abbassamento delle tasse sul lavoro (il cosiddetto cuneo fiscale) o un decreto che abbassa considerevolmente il costo dei carburante sia una misura urgente per il Paese, lo ius scholae pur rimanendo un provvedimento importante, magari riveste minore carattere di urgenza, ma si può fare lo stesso. Non c’è scritto da nessuna parte che se si impiegano quattro ore di discussione per un provvedimento economico non se ne possano perdere altre quattro per la depenalizzazione della cannabis. Basta volerlo.
Come? Ad esempio allungando le ore di lavoro settimanale di ogni parlamentare. SI badi bene, non è un discorso populista. In passato, soprattutto nei primi anni della Repubblica, spesso si tenevano sedute parlamentari anche di sabato. Oggi, e ci limitiamo ai lavori dell’Aula, la Camera comincia a lavorare il lunedì pomeriggio e chiude la settimana il venerdì mattina. Generalmente lunedì e venerdì sono giornate destinate a discussioni generali, cioè non si vota quasi mai. In questo modo raggiungono Roma solo i pochi interessati al singolo provvedimento in discussione. In Senato, addirittura, i lavori dell’Aula si aprono di norma il martedì pomeriggio e si chiudono il giovedì mattina e tutti i voti sono concentrati, quando possibile, al mercoledì, unico giorno in cui i senatori sono in Aula dalla mattina alla sera.
Bene, basterebbe che i parlamentari lavorassero, come accade alla stragrande maggioranza dei lavoratori, dal lunedì mattina al venerdì pomeriggio per poter affrontare anche temi importanti ma magari meno urgenti.
Maus