Sheyda è nata sotto la Repubblica islamica. A quell’epoca io ero già in Francia, studiavo il cinese ed ero consapevole che il mio futuro non sarebbe stato in Iran. Sono passati trent’anni. Trasferitasi a Parigi, anche lei comincia a rendersi conto che forse il suo futuro non sarà nel suo paese. Tra noi, tre decenni di Repubblica islamica e lo stesso dolore. Lo stesso esilio, o quasi”.

Tre decenni separano le vite di due donne, entrambe iraniane, entrambe costrette a stare lontane dal loro paese, entrambe pervase da un sentimento misto di nostalgia e rabbia verso quella terra natia al momento inaccessibile. Nahal Tajadod ci regala un affresco molto dettagliato della situazione della società nella Repubblica islamica dell’Iran e soprattutto della condizione delle donne, nel suo romanzo “L’attrice di Teheran”, pubblicato in Italia da edizioni e/o nel 2023.

Il libro è una lunga conversazione fra l’autrice, nel suo ruolo di scrittrice affermata e ormai esiliata in Francia, ma che non ha mai conosciuto il regime degli ayatollah, e la giovane attrice Sheyda, molto popolare in patria che però è costretta all’esilio in quanto ha osato recitare in un film hollywoodiano. Nel lungo e dettagliato dialogo fra le due donne, emergono molti aspetti della società iraniana contemporanea che, nel racconto di Sheyda si rivela alla ignara autrice, la quale aveva lasciato il paese prima della rivoluzione e quindi cresciuta nell’Iran dello scià.

Come in un gioco di specchi, le due donne si confrontano sulla condizione femminile: l’autrice aveva vissuto il processo di modernizzazione forzata imposto dallo scià, mentre la giovane attrice non ha conosciuto altro che veli, restrizioni della libertà e subalternità. Anche il racconto del paese Iran appare speculare nei ricordi dell’una e dell’altra, permettendo al lettore di navigare nel tempo (quei famosi tre decenni di cui alla citazione di apertura) che hanno trasformato profondamente la società iraniana.

Sheyda ha ventotto anni. È nata sei anni dopo la mia partenza dall’Iran e quattro anni dopo l’instaurazione della Repubblica islamica. Lei è l’Iran che non conosco, che cerco di afferrare, di comprendere, l’Iran che attira e terrorizza, che danza e piange, che mente e prega, che beve e digiuna, che celebra la festa del Fuoco e si flagella per l’Imam Hossein. Malgrado i molti libri e articoli sui suoi paradossi e le contraddizioni della sua società civile, l’Iran, per la maggior parte delle persone, me compresa, resta inaccessibile, sfugge a qualsiasi analisi o definizione”.

L’amara riflessione dell’autrice rispecchia un diffuso sentimento verso un paese che per molti aspetti appare indecifrabile, pervaso da un labirintico sistema sociale nel quale convivono rigidità delle norme e intelligenti escamotage per ovviarle. Un paese nel quale convivono forzati atteggiamenti di adeguamento sociale e spinte rivoluzionarie, spesso coraggiosamente condotte dalle donne iraniane.

Il dialogo fra le due protagoniste di questo interessantissimo libro, si snoda attraverso uno stesso paese declinato in forme e condizioni specularmente diverse: l’Iran dell’una non corrisponde all’Iran dell’altra e entrambe hanno molto da imparare, reciprocamente.

Sheyda brucia i semafori rossi, costeggia il vecchio consolato degli Stati Uniti. Non era ancora nata quando gli studenti islamisti, proprio all’inizio della Rivoluzione, presero d’assalto l’ambasciata americana e tennero in ostaggio i diplomatici. Non era nata nemmeno quando vennero liberati. Eppure, trent’anni dopo, la sua generazione continua a pagare le conseguenze di quei quattrocentoquarantaquattro giorni di prigionia”.

Sheyda con la freschezza della sua giovane età e la popolarità conquistata con le pellicole permesse dalla censura statale, si illude di poter attraversare indenne le forche caudine delle rigide regole che non ammettono contatti con il nemico. La sua partecipazione a un film hollywoodiano le costerà cara: un lungo periodo di duri interrogatori da parte dei Guardiani della Rivoluzione, e infine l’allontanamento dal paese, forse per sempre.

Un romanzo che va letto come una guida a un paese, l’Iran, ricco di storia e di cultura, con una stratificazione sociale e culturale di notevole spessore, che troppo spesso viene liquidato solo come nemico dell’occidente e della sua visione.

 

Recensione di Beatrice Tauro

 

Titolo: L’attrice di Teheran

Autrice: Nahal Tajadod

Editore: edizioni e/o 2023

Pagine: 298

Prezzo: € 12,50

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