Voglio accettarmi per quello che sono, voglio esserne fiera. Non sono gli altri, a trattarmi da straniera: sono io, che ho attraversato troppi luoghi e troppe tribù, per poter scegliere di appartenere a una sola. Non ho bisogno di loro, non più: sono straniera e sono libera, sono una figlia del mondo. Sono una migrante, Lina; e lo sei anche tu, che ti piaccia o no. Chi è stato migrante resta migrante per sempre”.

Migrante per sempre. Un marchio indelebile, impresso a fuoco sulla pelle e nell’animo di chi, per qualsiasi ragione, ha lasciato la propria terra e ha percorso sentieri di vita che lo hanno portato in altri luoghi, in un altrove mutevole nell’accoglienza e nell’inclusività. È questo il messaggio che ci lascia la lettura del romanzo “Migrante per sempre” di Chiara Ingrao, pubblicato per Baldini e Castoldi nel 2019.

Un romanzo corale, dove a dominare è la figura di Lina, liberamente ispirata alla storia vera di A., una giovane donna che lascia la sua terra, la Sicilia, per iniziare un percorso di migrazione che ha accomunato negli anni milioni di persone. Il libro si articola in tre parti, scandite sia cronologicamente che geograficamente: la prima parte è ambientata in Sicilia negli anni tra il 1962 e il 1969; la seconda in Germania, tra il 1969 e il 1984 e la terza parte ci riporta in Italia, a Roma negli anni che vanno dal 1984 al 2006. Un lungo arco temporale nel corso del quale si dipana l’esistenza di Lina e della sua famiglia, costretta a lasciare l’isola per emigrare in Germania. Il distacco dalla propria terra, dai familiari stretti, dalle abitudini e dall’intero contesto di riferimento viene vissuto da Lina come una perdita di libertà: costretta a rinunciare agli studi per lavorare in una fabbrica tedesca, la ragazza presto tirerà fuori il suo carattere ribelle. Ribelle in fabbrica, dove contesta ingiustizie e soprusi; ribelle in famiglia, dove contesta la rigidità della madre e la mancanza di un dialogo, peraltro mai esistito; ribelle nei confronti dell’amore, quando si innamorerà di un giovane seminarista, con la consapevolezza di essersi messa in competizione addirittura con il Padreterno, vincendo al fine la gara.

La valigia: la casa dei senza casa, di chi vive in transito. L’angoscia improvvisa che le era esplosa dentro, con l’occhio inchiodato su quella stanza e la memoria su un altro tempo e in altri luoghi. (…) Le mille valigie di lu papà, di zu’ Biagio e zu’ Angelino e zu’ Tano, trascinate di nascosto oltre confini vietati, da una non-casa a un’altra non-casa, da uno spazio straniero a un altro spazio straniero. Tutta la sua storia squadernata lì, nella stanza di un seminterrato, nella valigia di un senegalese”.

Migranti di ieri e migranti di oggi: anche questo è un elemento forte del romanzo. L’autrice infatti riesce a collocare nell’ambito della dimensione migrante della protagonista (emigrata dall’Italia in Germania), anche la storia di altri migranti, quegli stranieri, in prevalenza africani, ma non solo, che oggi immigrano nel nostro continente. Le difficoltà, i disagi, le paure, le sofferenze sono le stesse, vissute in tempi e in latitudini differenti. Ma ciò che alberga negli animi di chi lascia la propria terra ha a che fare con l’essere umani e quindi comune a tutti.

E poi c’è il paese che cambia: nell’arco temporale in cui si svolgono le vicende private di Lina e della sua famiglia c’è la vita pubblica dell’Italia, con le trasformazioni sociali e politiche, i referendum e le conquiste civili, temi divisivi – ora come allora – quali l’aborto o il divorzio. C’è un sistema politico che da monolitico si frantuma in mille pezzi, stentando e annaspando nelle sabbie mobili di una incapacità a ricostruirsi. C’è la difficoltà di Lina di confessare a sua nonna, da sempre comunista, che il PCI, il Partito con la maiuscola come diceva la vecchia, non esisteva più. Un quadro complessivo dove il privato si mescola con il pubblico, così come succede nella realtà: le migrazioni, le crisi economiche, le trasformazioni sociali sono sì elementi di una dimensione pubblica e politica, ma toccano dal vivo la vita delle persone, di tutte quelle Lina, Gianna, Piero, Agatina di cui è popolato un paese. Ed è così che il politico diventa privato e le due dimensioni diventano inscindibili.

Nel suo romanzo, Chiara Ingrao questo ce lo dimostra ampiamente, scandagliando la società italiana partendo da una storia che potrebbe essere considerata “periferica” ma che in realtà si pone perfettamente al centro. Una storia che potrebbe sembrare privata ma che in realtà interpreta e rappresenta appieno il contesto sociale.

Articolo di Beatrice Tauro

 

 

Titolo: Migrante per sempre

Autrice: Chiara Ingrao

Editore: Baldini e Castoldi, 2019

Pagine: 403

Prezzo: € 20,00

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