“Gli uomini non muoiono finché hanno acqua da bere, qualcosa da mangiare e un posto dove dormire. Tutte le altre cose a questo mondo sono superflue e se ne può tranquillamente fare a meno”.
Siamo proprio sicuri che sia così? Che riusciamo a fare a meno di molte delle cose, degli oggetti di cui siamo circondati, di cui la nostra vita è permeata?
È l’interrogativo che nasce dalla lettura del romanzo “Se i gatti scomparissero dal mondo” del giapponese Kawamura Genki, pubblicato da Einaudi, un libro che cattura fin dalle prime righe, con una prosa scorrevole, in cui vengono sapientemente alternati ironia e dramma.
La narrazione è in prima persona, l’io narrante (di cui non conosciamo il nome) ha un eloquio molto coinvolgente, per quanto a volte strampalato, che tuttavia presto accalappia il lettore nella sua rete, quella con la quale racconta una storia apparentemente surreale.
Attraverso lo stratagemma ideato dall’autore, quel patto con il diavolo che permette al protagonista di guadagnare un giorno di vita in più per ogni cosa a cui lo stesso è disposto a rinunciare facendola scomparire per sempre, si affrontano una molteplicità di temi: la solitudine, i rapporti familiari, le relazioni sentimentali, l’attaccamento agli oggetti, la paura della morte.
In sintesi, è la storia di un giovane poco più che trentenne, di professione postino, al quale viene diagnosticato un male incurabile che lo porterà alla morte nel giro di pochissimi giorni. Una notizia che ovviamente sconvolge il giovane che si ritrova a fare i conti con la sua breve esistenza, nella quale ha spesso trascurato gli elementi davvero importanti del vivere insieme.
Ecco quindi che appare nella vita dell’io narrante, la figura del diavolo che gli propone di regalargli un giorno di vita in più per ogni cosa che decide di far scomparire dal mondo. Il demonio altri non è se non l’alter ego del protagonista, il suo esatto contrario sia nell’aspetto fisico che in quello emotivo e psicologico.
“Non era una situazione facile da accettare, capisci bene, ma quello che mi trovavo davanti era un tipo così allegro e sorridente che mi ha ispirato simpatia (…). Dopo averlo osservato con maggiore attenzione ho notato che aveva sì i miei stessi lineamenti e la mia stessa corporatura, ma anche dei gusti nel vestire molto diversi dai miei”.
Man mano che la lettura procede si empatizza con il postino-protagonista, con le sue piccole manie e le sue insuperabili fobie, con il suo attaccamento alla figura della madre, che rivive nell’amato gatto Cavolo e ci si interroga sul perché del rapporto interrotto con il padre, il vero destinatario della storia narrata.
“Ero felice? Ero infelice? Non sapevo dirlo neanch’io. Una cosa però la sapevo. Le persone possono scegliere di essere felici o essere infelici. Dipende dalla prospettiva con cui osservano le cose”.
Un libro nel quale accanto all’importanza delle piccole cose, degli oggetti che circondano la nostra quotidianità, si affrontano i temi universali come quelli dell’amore genitoriale, dei rapporti fra genitori e figli, della rottura di queste relazioni e della difficoltà di ricostruirle, di rimarginare le ferite se si resta ognuno sulle proprie posizioni, della consapevolezza che solo nei momenti più bui e difficili si riesca a fare di tutto per rimarginare quelle ferite, per ricucire quegli strappi.
Recensione di Beatrice Tauro
Titolo: Se i gatti scomparissero dal mondo
Autore: Kawamura Genki
Editore: Einaudi
Pagine: 192
Prezzo: € 14,00